“Ol Giopì e la Margì” la cucina bergamasca mostra il suo volto più autentico

 “Ol Giopì e la Margì” la cucina bergamasca mostra il suo volto più autentico

Il ristorante si trova nel quartiere di Borgo Palazzo e compirà a breve quarant’anni di attività. Da sempre si pone come obiettivo la valorizzazione dei prodotti del territorio

di Vincenzo D’Antonio

 

01 marzo 2022 | 18:49

Bergamo che vigila. Mica è detto che accolga il viandante calorosamente. Di certo non lo respinge. Altrettanto certamente, se lo adocchia con fare guardingo è perché vuole cautelarlo, non metterlo a disagio. Sembra dirgli: «Noi siamo fatti così; non è che arrivi tu, magari dalle meridionali latitudini e vuoi cambiarci». E verrebbe subito da rispondere: «Ma che voi siate fatti così, a noi piace proprio. E voi che siete fatti così, ma lo sapete vero, che vivete in un luogo che è proprio bello assai?». «Bello assai? ma come parli?». «Vero, bello assai non è proprio il massimo dell’eleganza del limpido idioma. Però, dai, ma come parlate voi!».

E comunque, non stiamo qui a guardare il dito che indica la luna. Guardiamo la luna; cioè, badiamo a cosa ho detto. Ho detto che vivete in un luogo meraviglioso. La Città Alta è affascinante. E prendere la funicolare in discesa è la più bella e gioiosa lezione di geografia che si possa fare. Accoglienza guardinga a tutela del viandante. Ciarlieri si direbbe di no. In attesa della prima mossa e poi, al verificarsi della prima mossa del viandante, però mica tanto velocemente(!), il disgelo. Freddo, tiepidino, tiepido, fino al calore della conoscenza reciproca. Propensione all’ascolto cagionata dalla non propensione ad aprirsi per primi.

Però, una volta che l’apertura la fa l’altro, il forestiero, e una volta che con questa apertura si palesa la percorribilità di un incontro cordiale, solo allora, in quel momento, il bergamasco dismette l’armatura (Bartolomeo Colleoni, il grande condottiero che di armature se ne intendeva, era di Solza, villaggio della sponda bergamasca dell’Adda) e si disvela per quello che in definitiva è: costruttore ad andamento lento di relazioni schiette e durature.

“Ol Giopì e la Margì”, quarant’anni di ristorazione a Bergamo

Sempre memori che noi non ci sediamo a tavola per mangiare, ma ci sediamo a tavola per mangiare in compagnia, alla tavola allegra di uno tra i migliori ristoranti di Bergamo, in Via Borgo Palazzo, si innesca la convivialità che solca latitudini. Che Bergamo abbia dato tantissimi volontari all’esercito di Garibaldi, è fatto storico che non va dimenticato. E che il glorioso artista compositore Gaetano Donizetti, bergamasco, abbia trovato gloria e vivacità culturale in una Napoli che lo reputò anche figlio suo, è altro fatto che non va dimenticato.

“Ol Giopì e la Margì” festeggerà nel prossimo anno, all’arrivo del quale mancano solo dieci mesi, i suoi primi quaranta anni di attività. Sarà anno propizio per i festeggiamenti. Capiremo dopo il perché. Giopì, ci viene coralmente spiegato, è la maschera tradizionale della bergamasca pianeggiante. Pronto a difendere i deboli, Giopì sposò Margì. Qui la tradizione impera senza mai mostrarsi austera; tutt’altro! Vi è allegria a tavola. Le persone di sala sanno raccontare la tradizione che prende forma e sostanza nelle proposte della cucina. L’area bergamasca, sia nella declinazione pianeggiante che in quella superbamente bella delle ondulazioni vallive, è prodiga di paste fatte in casa, di formaggi, di salumi, di verdure. Nei calici, gaudiosi i sorsi degli ottimi vini della Valcalepio.

Il viaggio nella tradizione parte dall’antipasto

Con l’antipasto ci si mantiene sul leggero (così come per tutta la cena!): salumi bergamaschi di cascina con polenta macinata a pietra. Appena qualche centinaio di chilometri verso est c’è il Friuli. Il Friuli evoca il fogolar. Stasera il viandante ha imparato che anche la bergamasca evoca il focolare. E davvero, grazie ai racconti degli amici bergamaschi (siamo diventati amici dopo la prima mossa del viandante a cui ha fatto seguito il disgelo schietto ad andamento lento) ci è parso di essere seduti in semicerchio davanti al focolare delle cascine del Novecento, quando l’agricoltura non solo significava sostentamento, ma era anche il dettame dei comportamenti. Quando le trattative, magari quelle al foro boario, si concludevano con la stretta di mano. Un adorabile Valcalepio Doc Rosso si assume il compito lieto di dare amalgama palatale, pur nella distinzione dei sapori, alla polenta e ai salumi. Saprà e vorrà stare a tavola con noi fino alla fine della cena

Il Taleggio Dop si sposa con il tartufo

Sbarazzo di tavola. E se viene portato via quanto servì all’antepasto, allora vorrà pur dire che il… pasto sta per cominciare! Trionfo di una delle Dop casearie della bergamasca, insieme con il locale diamante dei sottoboschi della Val Brembana. Nei piatti, gioia multisensoriale, il Risotto al Taleggio Dop con tartufo nero della Val Brembana. È piatto che sembra sortire da partitura del grande Donizetti: armonie deliziose, contrappunti gradevolissimi di sapori, mai invadenza strumentale, tutto orchestrato alla perfezione.

Non possono mancare i casoncelli

Il viandante che dalle meridionali latitudini proviene commette errore grave. E però viene perdonato: gli amici si perdonano. Va detto che la colpa non fu lieve. Osò chiedere in cosa sarebbe consistito il secondo piatto! Come il secondo? Ma come il secondo!? Già il secondo, dopo un solo primo piatto!? Mai e poi mai! E difatti, siamo al secondo primo: “Casonsei a la bergamasca”. I casoncelli sono sorta di ravioli fatti in casa, tipici della bergamasca, qui eseguiti secondo la ricetta tradizionale con burro, pancetta e salvia.

 

Stinco di maialino per secondo

E venne il tempo del secondo piatto! Quanto calibrato, mai eccessivo e mai balbettante, l’allegro viavai di Valcalepio Rosso nei calici! Ben consapevoli che per cene che vivano in coerenza con disperati regimi dietetici ci sarà sempre tempo e ben consapevoli che è serata di grazia, si rende omaggio ad un secondo piatto sontuoso e squisito: stinco di maialino in lenta cottura in gremolata di verdure e polenta bramata. Imbarazzo del viandante allorquando gli viene benevolmente chiesto un suo inessenziale giudizio. Così si esprime: «Per me si sono fermati gli orologi». «Ovvero?!?», gli viene chiesto dagli amici bergamaschi. Risposta: «Per noi, dire che si sono fermati gli orologi vuol significare che questo tempo impiegato a deliziarci con questo secondo piatto non lo si scorderà mai per quanto ci ha procurato esperienza memorabile».

Il dolce è… una medicina

Arriva il carrello dei dolci! Proverbiale ma di autentica realtà, l’imbarazzo della scelta! Da mangiare prima con gli occhi e poi a voraci cucchiaiate “La medesina del malàt”. E qui è la più ghiotta delle medicine per il più sano dei malati: una squisita mousse di zabaione, impeccabilmente approntata.

Cultura e tradizioni

Quaranta anni di attività l’anno prossimo. L’anno prossimo, il 2023, vede Bergamo (insieme con Brescia) Capitale Italiana della Cultura. È un caso? Sì, è un caso. Ma potrebbe non essere un caso che il quarantennale lo si celebri elogiando quel vigoroso stendardo della cultura materiale che è l’arte culinaria che sa attingere al suo territorio e con esso alle sue tradizioni.